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App Immuni, al via in tutta Italia

By   /  15 Giugno 2020  /  No Comments

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Dopo la sperimentazione in quattro regioni, l’applicazione di tracciamento dei contatti è operativa in tutto il Paese. Come scaricarla e come funziona

Si (ri)parte: da oggi l’applicazione Immuni è operativa in tutta Italia.

Come funziona? Quando un individuo riceve la diagnosi di positività al Covid gli viene chiesto se ha scaricato l’app (lo hanno già fatto in 2,5 milioni) e se vuole fornire il codice di sblocco generato dall’app stessa. Questo codice serve all’operatore sanitario per far partire l’invio di una notifica a chi ha Immuni sul suo smartphone e nei 14 giorni precedenti è stato a due metri di distanza dal positivo per almeno 15 minuti. 

L’app è stata scelta dai ministeri di Innovazione e Salute e sviluppata dalla milanese Bending Spoons, basandosi sul sistema di Apple e Google, in modo tale che sia praticamente impossibile risalire all’identità di chi la usa. L’intero processo si basa inoltre sulla volontarietà: dal download alla decisione di contattare il medico di base se si è a rischio, contro la quale si erano scagliati i governatori di Veneto e Friuli-Venezia Giulia. «Crea solo una babele ingestibile dove il cittadino decide cosa fare e cosa non fare», aveva detto Luca Zaia. 

Il vero test comincia oggi, con il coinvolgimento di regioni che hanno nuovi contagi quotidiani a tripla o doppia cifra, ma gli ultimi sette giorni sono serviti per correggere alcuni errori tecnici (l’incompatibilità con Huawei e Honor, su tutti, e il bug di Apple) e iniziare ad andare incontro alle richieste del Garante per la privacy, per esempio inserendo la possibilità di disattivare l’app dalla schermata iniziale. Un’indicazione è inoltre arrivata dalla Liguria, che ha fatto una prima sperimentazione con Abruzzo, Marche e Puglia e dove tre persone risultate positive hanno fornito il codice di sblocco di Immuni. 

Il responsabile professioni sanitarie della prevenzione dell’Asl 3 di Genova Roberto Rosselli afferma che «si trattava di una situazione particolare in cui ai tre positivi corrispondevano meno di dieci contatti in totale». Fonti vicine al sistema fanno sapere che non è ancora chiaro se siano partite notifiche (non sanno a chi sono destinate le notifiche, ma sanno se partono), quindi non si può ancora dire che il processo di segnalazione si sia attivato nella sua interezza. 

Quando accadrà dovremo anche verificare con quale precisione agisce: cruciale è il modo in cui viene calcolata la distanza fra gli smartphone per evitare che vengano allertate troppe persone o non abbastanza. Gli sviluppatori avevano previsto diversi gradi di rischio all’interno dei due metri (più sei vicino, più sei a rischio), poi dopo i test hanno fissato un valore unico, corrispondente a circa due metri. Finita la parte tecnologica c’è quella sanitaria: chi riceve la notifica è invitato a contattare il medico di base e a mettersi in autoisolamento in attesa di indicazioni. Dal ministero della Salute assicurano che l’uso della app non porta ad alcun obbligo aggiuntivo, anche perché nessuno conosce l’identità di chi ha ricevuto la notifica e può sanzionare alcun comportamento. Una volta che il contatto a rischio ha deciso di avvisare il medico il processo si interseca con quello tradizionale. È il medico a fare la prima valutazione: «Se ritiene che sia ad alto rischio lo mettiamo in sorveglianza attiva e programmiamo un tampone tra l’ottava e la decima giornata dall’ultimo contatto. Il risultato nel migliore dei casi deve arrivare entro la 14esima, con la fine dell’isolamento», dice Rosselli.

Aggiunge Eugenio Santoro dell’Istituto Mario Negri di Milano: «Immuni aiuta a identificare contatti occasionali, difficili da ricostruire a posteriori con un tracciamento manuale. Da sola non è però sufficiente a gestire un’eventuale ripresa della malattia, serve che le regioni siano in grado di eseguire tempestivamente i tamponi, perché tempi troppo lunghi potrebbero disincentivare i contatti ad auto-segnalarsi».

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