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5 per mille a favore della Festa del SS. Crocifisso di Calatafimi Segesta

By   /  18 Maggio 2017  /  No Comments

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A Calatafimi Segesta è partita una straordinaria iniziativa a sostegno di una delle Feste più belle, forse la più bella, della Sicilia. La Festa del Santissimo Crocifisso di Calatafimi. Da quest’anno infatti è possibile donare il 5 per mille per contribuire alla realizzazione dell’amata Festa. Per destinare il 5xmille è sufficiente indicare il codice fiscale dell’Associazione SS. Crocifisso: C.F. 93064790814 all’atto della dichiarazione dei redditi 2017 (modello 730 o UNICO).

Che cos’è il 5 per mille

Il 5 per mille è una misura fiscale che consente ai contribuenti di destinare una quota dell’IRPEF (pari, appunto, al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche) a enti che si occupano di attività di interesse sociale, come associazioni di volontariato e di promozione sociale, onlus, associazioni sportive che svolgono prevalentemente attività socialmente utili, enti di ricerca scientifica e sanitaria.

Non è una donazione, quindi non beneficia delle connesse agevolazioni fiscali (non si può detrarre dalle tasse), ma non comporta neppure oneri aggiuntivi (in pratica non costa nulla) in quanto il contribuente è comunque tenuto a pagare l’IRPEF.

Istituito nel 2006 in forma sperimentale, il 5 per mille è diventato un mezzo di sostentamento indispensabile per gli enti non profit; grazie ad esso, i cittadini, con le loro preferenze, permettono uno sviluppo armonico e responsabile del cosiddetto terzo settore, anche in virtù del fatto che le associazioni sono tenute a dimostrare come hanno impiegato le risorse ricevute.

Festa del SS Crocifisso

La festa del Santissimo Crocifisso, in onore al patrono della città di Calatafimi, è una delle feste popolari più antiche d’Italia e si svolge nella città di Calatafimi Segesta con cadenza che varia dai cinque ai sette anni, nei giorni che vanno dal 1º al 3 maggio. L’ultima edizione è stata nel 2012. È un momento in cui religione, fede, storia, folklore e cultura si intrecciano per dar vita ad una delle più belle feste popolari della Sicilia, conservandone ancora tradizioni e usanze vecchie centinaia di anni.
Inizialmente i festeggiamenti avvenivano nel mese di giugno in ricorrenza dei giorni miracolosi, poi furono spostati a settembre, festa dell’esaltazione della santa croce ed infine portati nei primi tre giorni di maggio.

 

La festa viene celebrata solennemente fin dal 1657, anno dei miracoli attestati da atti pubblici e documenti. Nella sacrestia della chiesa di S. Caterina V. e M. Alessandrina nei giorni 23, 24 e25 giugno 1657, un Crocifisso ligneo di media grandezza, operò vari prodigi. Mastro Giuseppe Fontana trovò una mattina il Crocifisso caduto a terra con un braccio staccato, e lo stesso accadde ancora per altre mattine, il Mastro per evitare che accadesse ancora lo legò con una “zagarella azzurra”, nel fare ciò lo diede in mano a Francesco Saltaformaggio, il quale in quegli istanti fu guarito dalla sua ernia; questi si portò a casa la zagarella che operò il miracolo sulla moglie indemoniata. Molti furono i miracoli che seguirono, il più eclatante quello di un bimbo paralitico dalla nascita, Vito Calamusa, che cominciò a camminare.
Nel novembre 1657 Vincenzo Sicomo e il fratello Gerolamo, ricchi borghesi, donano quattro once e 35 tarì per l’altare e altre spese necessarie al culto come chiesto dalla Curia Vescovile di Mazara. Nell’arco di 100 anni il popolo erige prima un altare, poi una cappella, quindi ingrandisce la chiesa di Santa Caterina dedicandola al SS. Crocifisso, infine costruisce l’attuale Santuario, gioiello di fede e di arte.
Il Crocifisso miracoloso, purtroppo, fu quasi interamente distrutto il 25 Settembre del 1887, quando, in occasione della festa della Madonna di Giubino, patrona di Calatafimi (il cui simulacro stava allora in quella chiesa) un incendio distrusse la cappella tappezzata di prezioso velluto rosso. Venne sostituito l’anno successivo con l’attuale Crocifisso, realizzato a Roma da un artista ignoto, in legno di bosso tinteggiato di nero (in ricordo dell’accaduto) e benedetto dal Papa Leone XIII. Una parte del Crocifisso bruciato, da alcuni anni, viene portata in processione, dopo che nel 1988, padre Vincenzo Ingarra, allora rettore del Santuario, smontò i marmi policromi alla base della croce dell’abside, perché lì si diceva erano stati murati “pezzetti del Crocifisso bruciato”, effettivamente li trovò, ne prelevò il pezzetto più sensibile, che adesso è sistemato in un reliquiario d’argento.
Il 19 dicembre 1657 i giurati, che rappresentavano allora la massima autorità comunale, chiedono al Vescovo il permesso di condurre in processione il SS. Crocifisso e deporlo nella nuova cappella. Da allora ad oggi tutto il popolo di Calatafimi, che nel corso dei secoli si è suddiviso e raggruppato in diversi ceti, cioè associazioni tra persone che svolgono la stessa attività lavorativa e quindi che hanno in comune stile di vita, collocazione economica e sociale ed interessi senza dimenticare la devozione al Crocifisso, ha reso omaggio al Santissimo, per aver dato l’abbondanza dei raccolti e la ricchezza nel lavoro benedetto da Dio, sono loro i protagonisti della Festa del SS. Crocifisso.

La processione Sacro allegorica
Uno dei momenti più religiosi della “Festa” è rappresentato dalla processione sacro-allegorico-ideale, che si svolge negli stessi giorni della Festa, in un orario precedente alla sfilata dei Ceti.
Si tratta di una sfilata, in cui un centinaio di figuranti in costume d’epoca fa rivivere per le vie di Calatafimi, un episodio di storia sacra tratto dalla Bibbia. Un tempo i personaggi procedevano a piedi o a cavallo, oggi si trovano su carri sopra i quali viene realizzata una ricca e accurata scenografia, che fa da sfondo ai singoli episodi, che sono presentati al pubblico da un breve testo su un cartiglio, e illustrati anche da un opuscolo, che viene distribuito agli spettatori Le sfilate dei Ceti
La festa continua con sfilate dei Ceti per le strade della città con costumi che ricordano le origini contadine e ripropongono le antiche usanze medievali.
I primi due giorni di festa sono dedicati alle tradizioni e al folklore,con sfilate di tutti i ceti, ognuno nel suo ordine. Per primi “La Maestranza”, composta da mastri barbieri, calzolai, fabbri ferrai, falegnami, muratori, che sfilano a passo di marcia ,armati di fucile, indossando abito cappello e cravatta, rigorosamente neri, camicia, gilet e guanti bianchi arricchiti da una catenina dorata, mentre i membri dell’Amministrazione in carica,chiamati ufficiali indossano i guanti neri, impugnando, alcuni le alabarde e altri le lance, armi tipiche del 1500. Marciano nell’austera eleganza della divisa battendo il passo scandito dalle note delle marce e seguendo la maestosa bandiera, con l’orgoglio di un ceto che nacque per la tutela dell’ordine pubblico e come guardia d’onore del SS. Sacramento, nella Sicilia dominata dai Borboni.

I secondi sono i Ceti Minori, di cui ne fanno parte, i Borgesi di San Giuseppe, gli Ortolani, i Mugnai ei Caprai e Pecorai,anche se chiamati Ceti Minori anche essi preparano importanti carri rappresentando il proprio Ceto e lanciando ognuno i propri prodotti, come” Panuzzi” i Borgesi di san Giuseppe, fiori gli Ortolani, “Miliddi” i Mugnai e formaggi i Caprai e Pecorai.

I terzi sono i Cavallari, sono il Ceto più allegro, sfilano con carretti e cavalli riccamente ornati a festa con colori vivaci suonando e cantando canti tipici siciliani, lanciando, in abbondanza, confetti, noccioline e caramelle alla gente che si trova per strada o nei balconi. Il corteo è chiuso da un carro addobbato con i simboli del Ceto dal quale altri Cavallari lanciano ancora confetti e noccioline.

I quarti sono i Borgesi, che rendono omaggio al SS. Crocifisso, sfilando per le vie del paese a cavallo dei loro muli, in quella che viene chiamata “la Cravacata” (la cavalcata). Il corteo viene aperto da una sfilata di mezzi agricoli antichi, da personaggi in costume, da carri che rappresentano la vita contadina del secolo scorso a seguire i Borgesi a cavallo con oggetti in mano e infine i Borgesi che spagghiano, cioè lanciano alla gente sacchettini di confetti e noccioline.

L’ultimo Ceto a sfilare sono i Massari che rappresentano il ricco borgese che governa la sua masseria. Aprono la sfilata i Massari a cavallo di giumente e a seguito il carro trainato dai buoi su cui è istallata una torre ottagonale, alta circa tre metri, rivestita di rami di alloro, tapezzata di cucciddati (pani a forma di anello che somigliano ad un sole) e ornata dalla parte anteriore da una evidente Croce di pane. Sul carro c’è spazio per i Massari che hanno il compito di elargire cucciddati, noccioline e confetti. Dietro ai fianchi del carro sfilano, su cavalli con frusta e fucile, due camperi, gli antichi custodi dei terreni della masseria, concludendo così le intere due giornate dedicate al folklore, al divertimento e alla spensieratezza.

Il terzo giorno invece è dedicato alla preghiera e al ringraziamento, per la buona riuscita della festa, con la messa solenne nel Santuario del SS. Crocifisso, al mattino, mentre in serata il momento più intenso è quello in cui i due Patroni della Città, Maria SS. Di Giubino e il SS. Crocifisso nella vara d’argento, assieme alla reliquia del Crocifisso miracoloso, vengono portati in processione solenne. Una processione a cui parteciperanno con devozione tutti i Ceti, il popolo, le autorità religiose, istituzionali e militari del paese. È sicuramente il momento più intenso ed emozionante di tutti i festeggiamenti, durante il quale è possibile avvertire il totale coinvolgimento di tutti i cittadini; il momento di aggregazione dove è visibile la grande e spontanea manifestazione di fede di un popolo verso il suo Patrono. Al ritiro della processione chiudono i festeggiamenti, spettacolari giochi pirotecnici.

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